In questi giorni ha tenuto banco il tema del giornalismo e del suo rapporto con il potere. L'attacco del Ministro dello Sviluppo Economico Di Maio contro il Gruppo Gedi è solo l'ultimo dei casi che hanno condotto ad uno scontro che non è così nuovo, seppur con alcuni distinguo.
Di Maio ha sicuramente sbagliato nei toni e nei modi, così come prima di lui lo ha fatto il sottosegretario Vito Crimi minacciando di abolire l'Ordine dei Giornalisti (il dritto).
Il Gruppo Gedi, così come gli altri principali dell'editoria italiana, difficilmente soffriranno (o chiuderanno) per eventuali tagli di contributi, semmai lo faranno quelli più piccoli, così come il giornalismo non finirà con un'eventuale chiusura dell'Ordine che, ricordiamo, è nato nel 1963, mentre questa professione esiste da molto più tempo (il rovescio).
Lo scontro va riportato a quello che è un rapporto, spesso difficile, tra giornalismo e potere. E' evidente che chi è abituato a detenerlo sa anche farsi scivolare addosso le critiche, chi si ritrova catapultato in uno scenario come il ruolo di vicepremier e di leader politico, deve saperle accettare e gestire. E questo, forse, è stato l'errore più grande del Ministro. Se l'errore di Di Maio è stato evidente, a mio giudizio, resta molto più grave quello del sottosegretario Crimi, che, minacciando l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, va ad attaccare un'intera categoria, compresi i molti iscritti che, in questi anni, hanno lavorato per i vari uffici stampa del Movimento Cinque Stelle. Non credo che tutto nasca dalla procedura aperta dall'ordine contro il portavoce del premier Casalino. Magari va oltre e richiama un rapporto che il Movimento ha spesso detto di non ricercare con la stampa tradizionale. Per mesi, infatti, molti parlamentari avevano il cosiddetto "embargo" nel partecipare alle trasmissioni televisive e nel parlare con i cronisti.
Qui, dunque, sorge una riflessione. L'attacco di Di Maio, ma anche quello di Crimi, rappresentano una marcia indietro rispetto alle iniziali idee del Movimento? Secondo me sì ed in questo voglio ravvisare una notizia positiva per la stampa in generale. Fino a qualche tempo fa infatti i Pentastellati puntavano tutto sul web, di fatto, non vedendo un futuro per giornali e tv. Oggi sono loro a decretarne un ruolo di primo piano. Se infatti le critiche del Gruppo Gedi non creassero problemi, non ci sarebbe motivo di attaccarlo. Così come se l'Ordine dei Giornalisti non avesse un ruolo, avrebbe poco senso la minaccia di chiuderlo.
Dispiace solo una cosa, cioè che dall'alto al basso le cose possono cambiare ed anche di molto.
Personalmente sul lavoro ho avuto la possibilità di interagire con i vari livelli di militanti del Movimento Cinque Stelle che sono impegnati nelle sedi istituzionali e, seppur facciano riferimento ai loro blog, con la stampa hanno spesso avuto un rapporto cordiale e diretto, accettandone le critiche e prendendosi anche gli elogi. Lo scontro non è stato mai né cercato, né voluto ed i rapporti sono stati sempre sereni. Per questo sorprendono che a livello nazionale, al netto del giudizio che può essere dato del lavoro dei vari colleghi, questi attacchi diretti cui, per la verità, non sembra andare dietro l'alleato di Governo, cioè la Lega cui, obiettivamente, in questi anni non sono certo mancate le critiche.
Insomma un rapporto non sempre facile, quello tra stampa e potere che, forse, è anche condizionato dalla mancanza della cosiddetta gavetta ed uno scenario politico che vede proiettate ai massimi livelli persone che, spesso, non hanno l'esperienza che avevano i predecessori. Da qui i toni che, in molti casi, si alzano ben più di prima.
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