La Cgil si appresta ad una nuova era e, probabilmente, ad un cambio di leadership che, rispetto al passato, sarà sicuramente più evidente. In questi giorni il sindacato sta effettuando i propri congressi che porteranno all'investitura di Maurizio Landini. Provo ad analizzare, da osservatore esterno, che cosa questo possa comportare, anche per un mondo politico in evidente crisi come quello della sinistra. Mi permetto di farlo con il rispetto che si deve per chi, quotidianamente, è impegnato nella difesa di un tema molto delicato come quello del lavoro.
La scelta di Maurizio Landini è sicuramente di impatto mediatico. In questi anni la sua popolarità è stata indubbiamente superiore rispetto a quella del segretario generale Susanna Camusso (il dritto).
Landini incarna, a mio giudizio, il ritorno al sindacalista vecchio stampo, di lotta e vicino ai lavoratori che, probabilmente, si sposa in pieno con quello che molti italiani ricercano, anche nel mondo della politica. Non è un caso che viene visto bene anche dai tanti iscritti Cgil che oggi votano per il Movimento Cinque Stelle (il rovescio).
La scelta di Landini, dunque, è la scelta di una figura meno istituzionale rispetto agli originari competitor, cioè il riformista Vincenzo Colla o la giovane Serena Sorrentino. Landini è quella figura del sindacalista "da battaglia" che potresti vedere bene alla testa del "Quarto Stato" di Pellizza da Volpedo. Una scelta che, di questi tempi, può rivelarsi azzeccata, quanto meno sul profilo dell'immagine, anche in quella di una sinistra che potrebbe ritrovare proprio nella Cgil un punto di riferimento portante di fronte alla crisi dei partiti. Maurizio Landini infatti ha iniziato a lavorare a 15 anni, non ha titoli di studio da vendere, ma viene da quella scuola del mondo del lavoro e del sindacato che, spesso, nel passato hanno regalato alla sinistra i migliori dirigenti. Ha sicuramente carisma e, alla guida della Fiom, è l'unico che è riuscito ad intaccare quell'aurea di uomo infallibile che avvolgeva Sergio Marchionne nei suoi momenti migliori. Se il manager ha subito qualche battuta d'arresto è accaduto proprio negli atteggiamenti tenuti nei confronti della Fiom a guida Landini. Molti vedevano in lui l'uomo del riscatto della sinistra, ma quelle sirene non le ha cavalcate - e questo rappresenta sicuramente un merito- rimanendo al sindacato. La storia ha infatti dimostrato come difficilmente un ottimo sindacalista (che compie battaglie di parte) riesce a trasformarsi in un buon politico (che invece deve essere un abile mediatore).
Non so se Ladini sarà l'uomo che farà cambiare passo alla Cgil, ma di sicuro è oggi colui che più si avvicina al profilo ricercato dal lavoratore, cioè una figura alle cui mani si affiderebbe. Non è un caso che riscuote largo consenso a sinistra, nell'ala meno "confindustriale" del Pd, nel Movimento Cinque Stelle. Questo gli permette di tenere unite nel sindacato realtà che, al di fuori, magari hanno difficoltà a sedersi allo stesso tavolo.
Da qui la domanda: ma non è che la scelta di Landini può voler dire la nascita di una sorta di "Partito Cgil". Personalmente penso di no, perché mai come adesso in Italia è necessario avere un sindacato che faccia il sindacato, che si confronti e che, ai tavoli, sappia anche scontrarsi. Che non abbia paura a dire di no dove deve dirlo e che non accetti sempre compromessi al ribasso. Questo per non perdere la propria credibilità.
E' evidente che con Landini non sarà una Cgil che piacerà al mondo delle imprese (ma deve proprio piacere loro?), non piacerà sicuramente ad una parte del mondo della politica (compresa l'ala renziana del Pd), ma che piacerà molto di più a chi invece preferisce una linea più accesa e dura (potremmo dire anche populista), mi spingo a dire anche a molta parte dell'elettorato di base leghista (che al nord, guarda caso, spesso ha la tessera della Fiom in tasca).
E' ovvio che fare il segretario generale non sarà come farlo di una categoria, che, al di là del fatto che faccia più notizia una trattativa non chiusa, di cento che sono andate a buon fine (e Landini di partite ne ha chiuse molte, anche con successo per i lavoratori), ma la sensazione è che la Cgil sia tornata indietro come tipologia di figura prescelta, per guardare però al futuro.
Personalmente - la mia non è una visione di parte o di chi sta dentro al mondo che andrà a guidare- non posso dire se Landini sarà un grande segretario oppure no, questo compito non spetta a me. Da uomo di comunicazione posso dire che incarna la figura giusta per chi si rivolge al sindacato, visto anche il forte sostegno su cui conta nella base. La sensazione è che, almeno per il momento, la sinistra non abbia comunque trovato un leader, ma che la Cgil possa contare su uno carismatico.
Questo indipendentemente dalla condivisione o meno delle battaglie che il sindacato porterà avanti.
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