Area di crisi. Tre parole che anche oggi risuonano quando si parla di Maremma. Da qualche tempo, dopo che lo aveva chiesto la Camera di Commercio si torna ad associare questo concetto alla Provincia di Grosseto.
La vicina Piombino, in effetti, negli ultimi anni ha potuto contare su investimenti importanti attraverso lo status di area di crisi complessa (il dritto).
La Maremma pur versando in condizioni simili, seppur non dovuta alle difficoltà tipiche di una città industriale, non vi è stata inserita (il rovescio).
Chiaro che associare una città che da decenni è una delle capitali nazionali dell'acciaio con un territorio vicino che vede le uniche industrie situate a pochi chilometri in linea d'aria, ma che, per il resto, non ha mai avuto un manifatturiero importante, non è semplice. La crisi di Piombino era percepibile per chi aveva conosciuto la città con le ciminiere accese e chi lo ha fatto di recente, quando l'aria sembra essere decisamente cambiata. Se, forse, questa è stata modificata in meglio, le difficoltà della città sono evidenti. Passando il confine di provincia, però, troviamo una Maremma che, quanto a crisi, non se la sta passando meglio. Di certo non ha mai conosciuto il benessere che Piombino aveva ai tempi del pieno regime delle acciaierie che, tra diretto ed indotto, davano lavoro ad un migliaio di maremmani, molti dei quali provenienti dal capoluogo.
La provincia di Grosseto ha dovuto fare i conti per decenni -ed anche adesso- con il gap infrastrutturale e con un manifatturiero che, da settore portante, per la gran parte dell'Italia, non lo è stato di certo per la Maremma, territorio che, entrata in crisi l'edilizia, ha visto l'economia sprofondare in un buio pesto. A poco servono le voci di agricoltura e turismo, realtà che hanno ancora margini di crescita, ma che non sono servite ad occupare, in termini di pil, lo spazio che, un tempo, era del settore edile.
C'è poi un settore pubblico che è in crisi, o meglio, dalle cui difficoltà soffrono anche altre realtà, come il commercio. Come denunciato anche dalla Cgil, infatti, negli ultimi anni sono state centinaia le famiglie militari che hanno lasciato la nostra provincia, ma anche quelle che sono andate via per la chiusura degli uffici che sono stati accorpati in area vasta. Aree che nella maggior parte dei casi hanno penalizzato Grosseto che ha dovuto cedere il passo vedendo trasferire le loro sedi in altre città.
Tempo fa feci di nuovo questa riflessione, che, piano piano, viene ripresa, cioè che non si può pensare ad una Maremma fuori dalla crisi se non si passa per gli investimenti tipici delle aree di crisi. Questo territorio ha infatti bisogno di superare il gap infrastrutturale e di misure che invoglino le aziende ad investire qui. Ad oggi è troppo più facile farlo nel pisano-livornese, aretino, fiorentino, Val d'Elsa o Toscana settentrionale.
Da qui, ancora una volta, quella necessità per questo territorio di fare squadra, quel senso di appartenenza e di gruppo che è riuscito spesso a far ottenere a quelli vicini risultati a scapito della Maremma. Solo guardando al futuro con un concetto chiaro di bene comune e non di interesse dei singoli (che siano cittadini, formazioni politiche o rappresentanti delle varie categorie poco conta) si possono raggiungere questi traguardi che, se ciò dovesse avvenire, rappresenterebbero una vittoria per tutti e non solo di pochi.
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