mercoledì 14 novembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (14 novembre 2018)


Ancora una volta in Toscana si registra il flop delle fusioni dei comuni. I cittadini di diverse realtà, nello scorso fine settimana, hanno detto di no all'accorpamento di almeno due amministrazioni che, oggi, sono indipendenti. Di fatto su quattro referendum, solo in uno ha prevalso il sì. Questo dopo che, per un periodo, grazie anche agli inventivi messi a disposizione, su cui non gravava il famigerato patto di stabilità, la nostra regione sembrava essere terra di una vera e propria spinta “fusionista”.

La Toscana, grazie alla riforma lorenese, è una delle regioni con il minor numero di comuni. Di fatto in tutta la regione questo è più o meno pari a quello della sola provincia di Torino (il dritto).
Se in alcuni casi la fusione funziona, in altri più che il campanile, l'identità sembra dominare e questa si sposa anche con comuni che, comunque, riescono a sopravvivere da soli garantendo servizi ai propri cittadini (il rovescio).

Spesso è infatti difficile capire se la fusione sia davvero un valore aggiunto per un territorio. Spesso si tratta di veri e propri accorpamenti di un comune più piccolo in uno più grande e questo può anche rappresentare un vantaggio. In certi casi a fondersi sono realtà simili. Il problema dei cittadini è che in un'Italia che perde sempre più servizi, non essere più sede di un comune fa temere che questi diminuiscano ulteriormente, Tanto più con delle leggi che prevedono, ad esempio, che i servizi pubblici essenziali, tipo le poste, debbano obbligatoriamente esserci sul territorio di un singolo comune. E' chiaro che realtà molto piccole sanno che perdendo il loro status vedrebbero venir meno questa garanzia. Va anche detto che in Toscana c'è stata per un periodo una sorta di “moda” delle fusioni che è andata ad affiancarsi alla possibilità di procedere con le cosiddette unioni che, specie in Maremma, hanno avuto maggior successo insieme alla creazione di servizi associati. La provincia di Grosseto, nonostante il dibattito che da anni è in corso sul Monte Amiata, è stata fino ad oggi libera da spinte “fusionistiche”. Via via se ne è parlato anche sulla costa, ma al momento nessun passo è stato compiuto. La domanda, di fronte alle fusioni, però, resta sempre la stessa. Quanto è utile e quanto realmente lo stato risparmia? Probabilmente poco, così come poco si è risparmiato con la riforma più sbagliata che si è registrata negli ultimi anni in Italia, quella delle province che, di fatto, ha svuotato le casse di queste amministrazioni che, teoricamente, hanno ancora molte competenze. Un ente che andrebbe ripristinato nella sua autonomia, magari valutando degli accorpamenti su realtà più piccole, ma che sul nostro territorio è determinante. Insomma l'ente locale deve essere percepito di nuovo come un valore aggiunto e non come un fastidio. Negli ultimi anni, invece, a livello centrale è sembrato esserlo di più nella sua seconda forma. E allora ben vengano le fusioni laddove sono necessarie, ma ben venga anche la scelta dei cittadini di tenersi stretta la propria “indipendenza”.

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