giovedì 27 dicembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (27 dicembre 2018)

Sono giorni di festa in Italia e lo sguardo è chiaramente rivolto a quello che sarà il futuro del nostro Paese. E qui la domanda trova una non facile risposta.

La manovra approvata dal Governo darà gli effetti sperati? (il dritto).
La manovra avrà invece gli effetti infausti denunciati dai suoi oppositori? (il rovescio).

Personalmente non so dare una risposta nel concreto, la manovra la sto iniziando a leggere adesso. So però quello che vorrei io: come sempre che abbia ragione il Governo in carica che, chiaramente, annuncia sempre che la legge appena licenziata avrà gli effetti sperati. Questa è sempre stata una mia idea indipendentemente dall'esecutivo in carica.
Ovviamente da una prima lettura ci sono temi condivisibili ed altri che lasciano qualche perplessità. Mi sarebbe piaciuta una manovra con più investimenti e meno spot, tipo il "reddito di cittadinanza" e "quota 100" che, alla fine, sono stati decisamente depotenziati. Questo non perché ne sia un oppositore, ma perché credo che scelte di questo tipo, se si effettuano, devono essere ben supportate e non diventare solo un modo per salvare la forma senza intervenire con decisione sulla sostanza. Insomma se il Governo credeva in questi due pilastri della propria azione avrebbe dovuto portarli avanti con decisione anche di fronte alla Ue. 
 Detto questo io però preferisco guardare nel concreto e, in questo caso al mio territorio. Personalmente sono favorevole all'estensione dell'assegnazione diretta degli appalti fino a 150mila euro. Non perché non voglia vedere i casi di corruzione che ci sono stati, ma perché voglio credere nella buona fede di tanti sindaci e funzionari degli enti locali. Una norma che porta a guardare nuovamente alla qualità delle imprese che partecipano alle gare con un occhio rivolto, magari, a quelle locali che sono conosciute e che possono dare garanzie. 
Sulla questione infrastrutture, io sono favorevole sia al Tap che alla Tav. Dunque confido che queste due opere strategiche vengano portate a compimento. Spero però che il 2019 possa essere anche l'anno in cui si andrà in appalto con gli ultimi due lotti della Grosseto-Siena e che si dia una risposta sul Corridoio Tirrenico, con l'adeguamento dell'attuale Aurelia che sembra aver messo tutti d'accordo. Sinceramente mi piacerebbe vede un Governo coraggioso e che sulla Tav pensi anche al tratto Torino-Genova Roma. Sarebbe importante anche per il nostro territorio. Chiaramente non voglio chiedere troppo. Credo che una problematica, almeno per adesso, sia stata risolta per i balneari con la proroga di 15 anni per le concessioni agli stabilimenti balneari, questo in attesa di una soluzione definitiva., Si tratta di una componente importante della nostra economia turistica. Mi piacerebbe rivedere le Province operative. Pare che avranno qualche possibilità di spesa in più, ma occorrerebbe annullare la Legge Del Rio e riportare questi enti all'antico splendore. Non dimentico poi gli investimenti in sanità, ricerca, cultura ed istruzione. Sono tutti settori per me strategici. I dubbi, dunque, ci potranno essere, ogni manovra non sarà perfetta, ma come sempre io continuo a sperare che possa dare dei buoni risultati per il Paese, cioè per tutti noi. 



martedì 18 dicembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (18 dicembre 2019)


Le classifiche sono tutte discutibili. Quanti di noi non cambierebbero Milano con la Maremma? Probabilmente molti, se qui avessero le opportunità di vivere e lavorare. Questa è una riflessione che diventa immediata dopo la pubblicazione della classifica de “Il Sole 24 Ore” sulla qualità della vita.

La Maremma, d'altra parte, vive un momento di crisi economica, ma anche di trasformazione a livello di società, registrando, ad esempio, delitti che fino a poco tempo fa erano sconosciuti (il dritto).
La qualità della vita indicata da “Il Sole 24 Ore” considera molti parametri che si sposano con le opportunità ed è evidente che alcune realtà sotto questo aspetto sono avanti rispetto al nostro territorio (il rovescio).

Inutile nasconderci: che anche noi maremani, spesso, ci lamentiamo della nostra terra e vorremmo che offrisse tante opportunità in più. Negli ultimi tempi, poi, i campanelli d'allarme sono suonati da più parti. Il presidente della Camera di Commercio Riccardo Breda da mesi lancia l'appello a creare un tavolo che garantisca le giuste sinergie per una ripartenza. Il segretario della Cgil Claudio Renzetti è stato ancor più esplicito nel ricordare che se la situazione continuerà così in futuro la Maremma sarà destinazione di pensionati, perdendo invece la gran parte della sua popolazione giovanile.
Insomma che la situazione non fosse così rosea è evidente. Lo è ancor di più il fatto che occorre dare una svolta. Il sindaco di Grosseto e presidente della Provincia Antonfrancesco Vivarelli Colonna ha toccato un altro tasto, la differenza di velocità tra il capoluogo – e aggiungerei la costa- e l'interno. Purtroppo è un'altra verità. La provincia di Grosseto è vasta, scarsamente abitata e, soprattutto, ha ampi territori in cui le opportunità di lavoro scarseggiano. Insomma tutta la fascia collinare soffre, soprattutto quella lontana dai centri principali. In tutto questo la riforma delle province ha penalizzato quella grossetana, in un momento in cui un ente intermedio di grande importanza avrebbe aiutato, con il suo coordinamento, a mantenere alta la qualità della vita sul territorio. Sarà infatti un caso che dopo Grosseto è crollata in classifica?
Insomma urge fare squadra, se non da subito – come sarebbe opportuno- almeno da dopo giugno, quando la campagna elettorale per le europee sarà conclusa e quando si sarà votato per più della metà della amministrazioni locali. Da quel momento non ci saranno più scuse: il territorio dovrà unirsi e trovare soluzioni. Altrimenti la classifica ci penalizzerà sempre di più.
Ma la domanda resta: quanti di voi preferirebbero vivere a Milano anziché in Maremma?

lunedì 10 dicembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (10 dicembre 2018)

Cosa succede sul fronte europeo? Una domanda che non ci possiamo non porre di fronte a quello che, da qui a pochi giorni, potrebbe accadere in tutto il continente.

In Italia si attende la chiusura della manovra e l'incontro Conte-Juncker e la domanda è se veramente la rottura si registrerà per pochi decimi di punto (il dritto).
In Europa però sono ore decisive per la Brexit ed in Francia Macron deve fare i conti con i gilet gialli (il rovescio).

Insomma se da noi ci piace vedere tutto il male in casa nostra, basta aprire lo sguardo alle altre realtà per vedere che non stanno meglio di noi.
 Da qui la mia riflessione.
 Davvero l'Europa decide di far partire una procedura d'infrazione contro l'Italia per uno 0,2% di rapporto deficit/pil con il rischio che questo vada ad alimentare il fuoco degli "eurocritici"? Credo che al di là del contenuto specifico si vada a prendere un bel rischio, soprattutto di fronte a passaggi cruciali che riguardano l'Unione.
 Da un lato la May si gioca tutto sulla Brexit. Se Westminster dovesse bocciare l'accordo che cosa accadrà? Si andrà a nuove trattative? Si andrà ad un nuovo referendum? Oppure ci sarà un'uscita senza accordo che rappresenterebbe un disastro diplomatico, prima ancora che economico, anche per la Ue? Una domanda che non può lasciare indifferenti.
 Ed in Francia Macron che fu celebrato come la riscossa degli europeisti, vede mettersi Parigi a ferro e fuoco dai gilet gialli (talmente di destra come li voglio dipingere, che molti di loro sfilavano sventolando Che Guevara, sintomo che ormai nelle difficoltà i tradizionali schemi di appartenenza novecenteschi sono saltati). Soprattutto, sono gli stessi intellettuali parigini che, in questo momento, stanno scaricando sempre di più il Presidente che loro stessi avevano osannato fino a pochi mesi fa.
 In tutto ciò si inserisce l'Italia, con una manovra in cui il Governo ha accettato di trattare limando alcuni punti, ma senza voler cedere su altri. Al 2% di rapporto debito/pil l'accordo sembra praticamente certo, ma l'esecutivo italiano non vuole cedere sotto al 2,2%. Che cosa  farà l'Europa, di fronte a quanto sta accadendo in tutta l'Unione, farà scattare una procedura d'infrazione facendo un grande assist al fronte dei cosiddetti "sovranisti"?
 Una debolezza di Bruxelles che, evidentemente, qualcuno in Italia ha capito e che la rende sicuramente meno isolata di quanto si voglia far pensare. Perché dalle elezioni di maggio in poi gli schemi potrebbero cambiare e la partita sembra solo essere di attesa. Da qui la sensazione che, forse, il distacco tra la Commissione, alcuni governi, ed i popoli sia troppo ampia per poterla ridurre solo a pochi decimali. 
Le regole ci sono e vanno rispettate. Ma quelle regole sono state poste e scritte in periodi in cui l'economia tirava, oggi le cose sono ben diverse ed andrebbero cambiate. Altrimenti saranno sempre di più i Governi che, parafrasando il poker, si giocheranno l'intero piatto a costo di metterci sopra, credibilità e futuro dei loro paesi.

lunedì 3 dicembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (03 dicembre 2018)

La Maremma fatica ad uscire dalla crisi, ma le divisioni continuano. Le opportunità potrebbero finire finire altrove e noi rischiamo di non agganciare - quando sarà reale- l'uscita dalla crisi. Di questo si dibatte e, forse, è meglio che tutti insieme si rifletta su quanto sta accadendo.

Da un lato ci sono le infrastrutture che sono ferme al palo, come denunciato di recente dall'Onorevole Lolini riguardo al Corridoio Tirrenico (il dritto).
Dall'altro ci sono settori e dibattiti delicati (geotermia e inceneritore di Scarlino) su cui si deve discutere, riflettere e decidere (il rovescio).

Purtroppo l'allarme lanciato, documenti alla mano, dall'onorevole Lolini sul Corridoio Tirrenico è reale e giunge dopo le parole rassicuranti del capogruppo del Movimento 5 Stelle in Regione Giannarelli che si è attivato con il Ministero delle Infrastrutture.
 Mi soffermo ai documenti di Mario Lolini che fotografano la situazione attuale: un iter fermo al dicembre 2017 e zero risorse stanziate sul tratto a sud di Grosseto da parte di Anas. Eppure tutto alla fine della scorsa legislatura sembrava fatto, anzi, con il precedente Governo, individuata una soluzione di adeguamento dell'Aurelia a quattro corsie, molti erano convinti che ormai quanto promesso fosse cosa fatta e, dunque, mancasse solo il via all'iter burocratico. Invece non è così e la risposta di Anas all'onorevole Lolini rappresenta una doccia fredda in più per tutto il territorio. Qui, dunque, le forze devono unirsi, al di là delle colpe da scaricare. I cittadini ne hanno abbastanza di promesse e vogliono i fatti. Mario Lolini, da parlamentare di maggioranza si attiverà, così come siamo certi che il M5S farà nei confronti del ministro Toninelli. Ma anche le altre forze politiche dovranno farlo con i propri rappresentanti. A questi dovranno aggiungersi anche la associazioni di categoria, la Camera di Commercio, i sindacati e chiunque altro possa dare il proprio contributo. Marciare compatti vuol dire avere maggiori possibilità di raggiungere l'obiettivo. Un'Aurelia adeguata non è solo un'opportunità ed una necessità per la Maremma, ma anche un'opzione in più per chi viaggia da nord a sud della Penisola che potrà farlo in sicurezza.
In questi giorni altri due temi hanno tenuto banco. La grande manifestazione pro geotermia e le vicende dell'inceneritore di Scarlino. 
La geotermia è l'oro delle zone boracifere, non le rende marginali e permette ai giovani di rimanere sul territorio. E' una geotermia quasi naturale, visto che i soffioni ci sono da sempre, diversa da quella dell'Amiata su cui si può e si deve ragionare, ma che rappresenta comunque un'opportunità per l'intero comprensorio. L'Italia in questo settore insegna al mondo ed Enel Green Power controlla, grazie al suo know how, il grosso del settore nell'intero pianeta. E' evidente che per le nostre realtà, alcune delle quali - come i comuni geotermici posti al confine tra le province di Grosseto, Pisa e Siena- vivono grazie a questa risorsa da oltre un secolo, diventando prioritaria ed un'opportunità da non lasciarsi sfuggire. Anzi potremmo dire da difendere in tutti i modi. Sull'Amiata chiaramente occorrono le giuste garanzie, ma non si può sentire sempre e solo un'unica campana, bisogna valutare tutto e tirare le giuste somme.
 Così è anche per l'inceneritore di Scarlino su cui la Regione sembra aver fatto una scelta. Il dibattito va avanti da tanti, troppi, anni, ed una decisione definitiva va presa. Se la strada è segnata più che continuare a dire no ad ogni costo occorrerebbe che, da parte del territorio giungessero delle proposte. A Brescia il termovalorizzatore garantisce una percentuale molto alta di energia a basso costo ai cittadini attraverso il teleriscaldamento. Non potrebbe essere un'opportunità anche per le popolazioni che insistono nell'area della piana di Scarlino e Follonica? Accanto a questo è giusto non abbassare la guardia sulle emissioni: devono essere nei limiti di legge e deve essere consentito un monitoraggio costante e continuo. Anche questa è sicurezza e attraverso ciò il cittadino può essere garantito. 
Insomma ci sono partite in ballo importanti, ma il territorio deve marciare compatto e proporre, per far sì che le scelte non vengano solo subite, ma che lo veda protagonista anche nella fase di realizzazione e gestione. 

domenica 25 novembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (25 novembre 2018)

Imperversa la battaglia dei pini a Grosseto. Da alcuni giorni, in concomitanza con gli abbattimenti delle piante si scatenano, da parte di alcuni cittadini, le polemiche.
I pini, negli ultimi anni hanno sempre fatto discutere. C'è chi li vuole tutelare e chi, invece, li ritiene pericolosi per auto e pedoni, ma anche pericolanti (il diritto).
Il pino è sicuramente un patrimonio, anche visivo, del nostro territorio, ma effettivamente la sua presenza nelle moderne città va pensata e ripensata (il rovescio).

Diciamolo in maniera chiara e netta: a chi non dispiace l'abbattimento di piante maestose e che, da decenni, siamo abituati a vedere a Grosseto, come quelle di via Telamonio, via Caravaggio o via Mascagni? Sicuramente a tutti, perché danno a Grosseto l'aria di città di mare e vederla senza di loro, invece, dà la sensazione della perdita di qualcosa di familiare.
Detto questo, però, va fatta una riflessione. I pini che vengono abbattuti (al di là del loro stato di salute) sono compatibili con la Grosseto attuale? E qui giungono le domande che, personalmente, seppur a malincuore, mi fanno propendere dalla parte del no. Anche a livello politico la scelta è stata trasversale. Con la giunta Bonifazi si è iniziato con gli abbattimenti, con quella Vivarelli Colonna si prosegue e nel dibattito, almeno a livello politico, grandi polemiche non ci sono. Le proteste vengono lasciate a gruppi di cittadini.
Faccio una confessione: quando a Braccagni si parlò dei pini di via Sgarallino in un'assemblea pubblica fui tra quelli che ne chiesero l'abbattimento. Chi mi conosce sa quanto sia legato alla natura, ma ci sono dei limiti. In quel caso la strada stava diventando pericolosa per i mezzi a motore, le biciclette e per i pedoni e la scelta drastica era inevitabile. Eppure quei pini li avevo sempre visti, ho le foto da piccolo con loro sullo sfondo, però non ebbi dubbi sulla scelta e così i miei compaesani che, di fronte a quella decisione - e anche ai timori della passata amministrazione- non si sono opposti.
A Grosseto la penso allo stesso modo: ben vengano i pini dove possono starci, tipo nei parchi pubblici, ma è inevitabile il sì agli abbattimenti lungo le strade e le arterie principali. Il forte vento delle passate settimane, con molte cadute di alberi, mi hanno convinto ancor di più nella mia scelta. Così come sostenni, a suo tempo un'altra scelta sicuramente dolorosa, come quella dell'abbattimento dei platani di via della Pace. 
Gli alberi lungo le strade, un tempo, quando si viaggiava a piedi, sui carri, o in bicicletta, avevano un senso, non tanto estetico, quanto pratico: permettevano a chi viaggiava di ripararsi dal sole. Con i moderni mezzi, purtroppo, nonostante si decida di regolamentare la velocità sono portatori di pericoli. Questo non può essere nascosto. E qui subentra una questione anche etica, oltre che di pubblica utilità: meglio una vita umana o quella di un albero? Io non ho dubbi sulla scelta. 
Fatto questo ragionamento, giunge il successivo: le piante vanno chiaramente sostituite e l'amministrazione ha assicurato che ciò avverrà. E' evidente che anche questo dovrà portare all'installazione di alberi che ben si sposano con una realtà come quella di Grosseto. Piante che possano stare al fianco delle strade, garantire un po' di ombra ai pedoni, ma che non creino pericoli. Il piano fu presentato qualche tempo fa ed i cittadini dovranno aver cura di controllarne l'applicazione.
Il pino, purtroppo, resterà nelle cartoline d'epoca, ma è una scelta per me necessaria, per quanto dolorosa. Nel rispetto delle opinioni di chi non la pensa come me. 

lunedì 19 novembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (19 novembre 2018)

La politica sta cambiando, forse è cambiata già da tempo e molti stentato ad adeguarsi ai nuovi ritmi ed alle nuove richieste dei cittadini. 
E' difficile dire se quanto sta avvenendo a livello di politica locale e nazionale possa dare risultati migliori, questo ce lo dirà solamente il tempo (il dritto).
Di sicuro c'è che analizzando quanto sta mettendo in campo il nuovo Governo, ma anche alcune amministrazioni locali, siamo di fronte ad una rottura, o almeno ad un tentativo di rottura, con il passato (il rovescio).

Personalmente non mi addentro in previsioni che non mi competono e che sono difficili da fare. Leggo e mi informo e vedo che mai come questa volta, in Italia, ci sono due schieramenti ben distinti di persone qualificate che hanno titolo a parlare. C'è chi sostiene che questa rottura, imposta almeno in Europa, sia "troppo una rottura" e chi, invece, dall'altro lato ritiene che la strada imboccata sia quella giusta. Fuori dal nostro Paese le posizioni, sono ovviamente varie ed anche lì c'è chi sostiene posizioni diverse, anche perché mollare la presa sull'Italia, vorrebbe dire ammorbidire le attuali posizioni rigide anche su altri paesi.
Qui, però, c'è un'altra riflessione da fare e mi sembra, in una fase di analisi, sia giusto proporla.
 L'Italia resta veramente sola e isolata o siamo in un contesto geopolitico e, dunque, internazionale, in cui ci sono dei grandi cambiamenti?
 Al momento potrebbe sembrare che il nostro Paese sia isolato in Europa, soprattutto con pressioni che vengono da quei paesi euroscettici che, in teoria, dovrebbero aiutarlo. Questa, però, non è una sorpresa, perché molti di questi sono "sovranisti" nel vero senso della parola. L'Italia a mio giudizio è "diversamente europea", nel senso che Lega e Movimento Cinque Stelle hanno una visione distante dall'attuale Ue.
 Ci sono però due posizioni forti a livello internazionale che, potrebbero diventare tre, quelle di Trump, di Putin e della Cina. Gli Stati Uniti si stanno chiudendo in loro stessi, proteggendo i loro interessi ed il loro mercato. La Russia sta guardando con interesse al Mediterraneo, fatto testimoniato dall'invasione della Crimea e da un'influenza che sta aumentando su un altro paese emergente dell'area, cioè la Turchia. C'è poi la Cina che ha investito molto sulla Grecia e che sta guardando all'Africa. Tutte però sembrano agire in chiave anti Ue, capendo che è proprio con divisioni che si accentuano che loro possono avere grandi vantaggi. Una strategia che a Bruxelles, molti, evidentemente non hanno capito o, meglio, vogliono far finta di non capire.
Qui giunge dunque una mia seconda riflessione: ma in questo momento è l'Italia ad essere isolata o l'Unione Europea, che è formata da troppi interessi particolari e che si pone sul mercato non come un soggetto unico, ma come una sorta di ammucchiata, in cui, alla fine, Francia e Germania sembrano fare i propri interessi? E soprattutto che cosa accadrà dopo il 25 maggio quando indubbiamente le forze sovraniste (ritorna questa definizione che a me piace poco) rappresenteranno un ago della bilancia importante, sia nel Parlamento che nella Commissione (i commissari ricordiamolo sono nominati dai Governi e di euroscettici adesso ce ne sono)?
Insomma l'Italia, al di là delle singole posizioni politiche, non può essere decontestualizzata da un equilibrio politico internazionale che sta cambiando e solo in base a questo se ne potranno prevedere gli sviluppi futuri. 

mercoledì 14 novembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (14 novembre 2018)


Ancora una volta in Toscana si registra il flop delle fusioni dei comuni. I cittadini di diverse realtà, nello scorso fine settimana, hanno detto di no all'accorpamento di almeno due amministrazioni che, oggi, sono indipendenti. Di fatto su quattro referendum, solo in uno ha prevalso il sì. Questo dopo che, per un periodo, grazie anche agli inventivi messi a disposizione, su cui non gravava il famigerato patto di stabilità, la nostra regione sembrava essere terra di una vera e propria spinta “fusionista”.

La Toscana, grazie alla riforma lorenese, è una delle regioni con il minor numero di comuni. Di fatto in tutta la regione questo è più o meno pari a quello della sola provincia di Torino (il dritto).
Se in alcuni casi la fusione funziona, in altri più che il campanile, l'identità sembra dominare e questa si sposa anche con comuni che, comunque, riescono a sopravvivere da soli garantendo servizi ai propri cittadini (il rovescio).

Spesso è infatti difficile capire se la fusione sia davvero un valore aggiunto per un territorio. Spesso si tratta di veri e propri accorpamenti di un comune più piccolo in uno più grande e questo può anche rappresentare un vantaggio. In certi casi a fondersi sono realtà simili. Il problema dei cittadini è che in un'Italia che perde sempre più servizi, non essere più sede di un comune fa temere che questi diminuiscano ulteriormente, Tanto più con delle leggi che prevedono, ad esempio, che i servizi pubblici essenziali, tipo le poste, debbano obbligatoriamente esserci sul territorio di un singolo comune. E' chiaro che realtà molto piccole sanno che perdendo il loro status vedrebbero venir meno questa garanzia. Va anche detto che in Toscana c'è stata per un periodo una sorta di “moda” delle fusioni che è andata ad affiancarsi alla possibilità di procedere con le cosiddette unioni che, specie in Maremma, hanno avuto maggior successo insieme alla creazione di servizi associati. La provincia di Grosseto, nonostante il dibattito che da anni è in corso sul Monte Amiata, è stata fino ad oggi libera da spinte “fusionistiche”. Via via se ne è parlato anche sulla costa, ma al momento nessun passo è stato compiuto. La domanda, di fronte alle fusioni, però, resta sempre la stessa. Quanto è utile e quanto realmente lo stato risparmia? Probabilmente poco, così come poco si è risparmiato con la riforma più sbagliata che si è registrata negli ultimi anni in Italia, quella delle province che, di fatto, ha svuotato le casse di queste amministrazioni che, teoricamente, hanno ancora molte competenze. Un ente che andrebbe ripristinato nella sua autonomia, magari valutando degli accorpamenti su realtà più piccole, ma che sul nostro territorio è determinante. Insomma l'ente locale deve essere percepito di nuovo come un valore aggiunto e non come un fastidio. Negli ultimi anni, invece, a livello centrale è sembrato esserlo di più nella sua seconda forma. E allora ben vengano le fusioni laddove sono necessarie, ma ben venga anche la scelta dei cittadini di tenersi stretta la propria “indipendenza”.

sabato 10 novembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (10 novembre 2018)


Il tema della sicurezza torna ad essere al centro dell'attenzione e anche realtà considerate tranquille come Grosseto, ormai da tempo, non lo sono più.

Un fenomeno quello della criminalità che, rispetto al passato, sta toccando dunque sempre di più la società italiana (il dritto).
Le cause di questi fenomeni non sono, però, facilmente individuabili (il rovescio).

Il punto di partenza è sicuramente una società che cambia, dove, accanto ai reati maggiori, sta incrementando il fenomeno della microcriminalità che è quello che più tocca i cittadini.
Tutta colpa dell'immigrazione? Sicuramente no, anche se molti immigrati finiscono al centro delle cronache e chi delinque non solo dovrebbe essere punito, ma immediatamente rimpatriato e restituito allo stato d'origine.
Su questo tema, semmai, ci sarebbe da ragionare sulle sue varie sfaccettature, come l'integrazione di chi è in Italia come regolare e che sembra funzionare bene nelle piccole realtà di provincia, tipo i paesi, mentre nelle città si registrano spesso comunità che nascono e che si isolano dal resto della popolazione. Una società dunque, non sempre inclusiva che già è stata conosciuta dai paesi da sempre a forte presenza immigratoria.
A mettere a rischio la sicurezza ci sono, probabilmente, anche i punti di riferimento che stanno venendo meno. Le famiglie spesso disgregate, la scuola che non riesce più ad essere un punto fermo, la stessa Chiesa che non attira più come un tempo, il volontariato e l'associazionismo in crisi, un po' come i partiti politici. Tutto questo genera una sorta di anarchia e di perdita di valori che, spesso, si traduce in situazioni disagiate che sfociano in un aumento dei reati. A questa va aggiunta la crisi che ha dato comunque un impulso allo sviluppo della microcriminalità.
Insomma la società è cambiata e di certo non in meglio. A questo punto occorrono le contromisure che non devono essere solo repressive, ma anche e soprattutto preventive. La repressione, infatti, è fondamentale, ma non risolve tutto. Senza una politica di prevenzione e di consapevolezza, che riguardi soprattutto i giovani, non si riuscirà a ricreare una società delle regole e del rispetto. Questa, però, non si costruisce solo con le leggi, ma con una cultura del bene comune, del rispetto degli altri e della legalità, ma anche della moralità, che in Italia molti, purtroppo, hanno perso. Tutto questo si traduce anche con la necessità di uno Stato forte che sappia reprimere, ma anche educare.

domenica 4 novembre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (4 novembre 2018)

Il 4 novembre è una data particolare per i maremmani. Un tempo lo era certamente per la celebrazione della vittoria nella Grande Guerra che portò alla definitiva unità d'Italia. Dal 1966, però, è la data che ricorda l'alluvione, quella - alcune decine dal Medioevo ai giorni recenti- che resta ancora impressa nella mente di tanti grossetani.
Sicuramente l'effetto mediatico che ebbe l'alluvione del 1966 fu superiore a quello delle precedenti, visto che di quell'evento restano tante immagini, fotografie soprattutto oltre che a qualche video (il dritto).
La sensazione è stata poi quella che Grosseto "l'abbia scampata bella", nel senso che un evento così devastante si concluse senza vittime in città e con una sola (Santi Quadalti) nelle campagne degli Acquisti, nei pressi di Braccagni (il rovescio).

A rivedere le immagini dell'epoca, infatti, la prima domanda è: ma come si riuscì ad evitare vittime? Fu solo una casualità (il giorno che all'epoca era festivo) oppure la macchina della protezione civile dell'epoca seppe funzionare. L'alluvione precedente, quella del 2 novembre del 1944, se non è stata ricordata con la stessa eco di quella del 1966 portò con sé dietro alcuni morti. Ventidue anni dopo, invece, la Maremma subì danni incalcolabili rispetto alla volta precedente, visto anche che la città si stava espandendo al di fuori delle Mura ed in zone che finirono sott'acqua, ma la paura, il disagio e anche la rabbia rimasero i sentimenti più comuni, senza il dolore di dover piangere tante vittime.
 Proprio in occasione del cinquantenario dell'Alluvione l'ex comandante dei Vigili Urbani di Grosseto Felice Serra  mi raccontò una serie di aneddoti. Fu uno degli eroi dell'alluvione, ricordato ancora nelle immagini dei soccorsi su una piccola imbarcazione insieme all'allora sindaco Renato Pollini. Purtroppo Grosseto fu costretta a fare molto da sola, perché i soccorsi nazionali, all'inizio, furono dirottati su Firenze ed in loco sia la Caserma dei Vigili del Fuoco con i propri mezzi, che l'aeroporto rimasero sott'acqua. Insomma, specie nelle prime ore, Grosseto fece da sé, dopo scattò la rete della solidarietà dai comuni e dalle città vicine, insieme all'arrivo dei soccorsi nazionali. Per questo l'alluvione del 1966 in città è ricordata come un momento in cui la Maremma seppe dare il suo meglio. Alla domanda di come riuscì Grosseto a non avere vittime, il comandante Serra mi raccontò che lui, memore della tragedia del 1944 aveva bene in mente quali zone della città fossero andate sott'acqua ed in quali, durante quel ventennio, si fosse costruito, inoltre inviò una staffetta di Vigili motociclisti sull'argine dell'Ombrone a controllare la crescita delle acque del fiume e questo aiutò a prevenire danni maggiori. Ci fu poi l'intuizione del signor Pucci, conosciuto per annunciare le manifestazioni grazie all'altoparlante posizionato sull'auto, che iniziò a girare per la città per rendere noto l'arrivo dell'ondata di piena che avrebbe rotto gli argini.
Quello che però rappresentò il capolavoro della Maremma, raccontato sempre con orgoglio da Serra, fu che la Grosseto dell'epoca non si divise in polemiche, ma si rimboccò le maniche e dopo poche settimane la città aveva ripreso completamente a vivere.
Accanto a questi racconti ci sono quelli che tutti noi abbiamo sentito in famiglia, se non sono stati vissuti direttamente. Quella di mio padre viveva in via Saffi ed al piano terreno, dunque le acque non risparmiarono la loro abitazione, in cui mio babbo rientrò indossando la tuta da sub per evitare il contatto diretto con un'acqua che aveva portato con sé di tutto. Ma il ricordo era anche quello di aver salvato l'auto di famiglia portandola direttamente sulle Mura. Quelle Mura da cui i grossetani seguivano quello che avveniva sotto di loro e che non riuscirono comunque ad impedire alle acque di allagare parzialmente il centro storico passando dagli ingressi tradizionali di Porta Vecchia e l'arco di via Corsica.
Ci furono poi le campagne isolate con le immagini riprese dagli elicotteri delle persone sui tetti delle abitazioni. Ed anche lì alla fine resta la sensazione di una tragedia evitata, soprattutto in quelle zone che, se non fosse per le idrovore, vedrebbero restituita la campagna fertile di oggi alle acque. 
Insomma il 4 novembre per i grossetani resterà sempre una data emblematica che ricorda un momento di dolore, ma in cui la Maremma seppe fare squadra. Un esempio che potrebbe servire ancora oggi per portarla in un futuro decisamente migliore. 

martedì 30 ottobre 2018

Reti di Smeraldo e il "crowdfunding": come trasformare una sfida in nuove conoscenze

Perché provare il crowdfunding? Una domanda che mi sono posto molte volte in questi giorni prima di mettere in campo un progetto - ammetto molto ambizioso- su www.kickstarter.com, per raggiungere la somma necessaria per tradurre in inglese il mio romanzo "Reti di Smeraldo", per pubblicarlo e per promuoverlo in Irlanda, Inghilterra e, se dovessimo raggiungere l'obiettivo, speriamo anche in Nord America. 
Ho deciso questa strada molto difficile per due motivi. 
Intanto perché mi piace sperimentare qualcosa di nuovo. Di crowdfinding avevo sentito parlare come di un'opportunità, ma non conoscevo questo mondo. Studiando in rete ho scoperto che si trovano progetti di vario tipo e per tutte le cifre. Poi perché sono un giornalista e, di conseguenza, quando voglio scoprire un mondo nuovo devo entrarvi dentro e dopo poche ore dal lancio del mio progetto ho già arricchito il mio bagaglio. In terzo luogo perché avevo per le mani qualcosa che aveva senso di provare a promuovere, specie all'estero.
 Con questo articolo spero di poter dare alcune, prime, indicazioni per chi vorrà tentare questa strada che all'estero sta avendo successo. In Italia è forse ancora poco perseguita.

PERCHE' KICKSTARTER.

Ho scelto questa piattaforma perché è tra le più famose, si occupa anche di prodotti editoriali e perché funziona con il "tutto o nulla", cioè se si raggiunge la cifra stabilita (o la si supera) il progetto viene finanziato (ed anche kickstarter ci guadagna), se ciò non accade il prodotto non viene finanziato, kickstarter non ci guadagna nulla e noi non ci rimettiamo niente. Insomma la soluzione è quella ideale per mettere in campo un progetto senza rischi, ma che in caso di successo garantisce la disponibilità reale delle risorse.
Per chi contribuisce ci sono tutta una serie di benefits che crescono con il crescere dell'offerta: si va dai ringraziamenti "social" o sul sito, fino alla due giorni di vacanza "guidata" in Maremma.

PERCHE' "RETI DI SMERALDO", I SUOI SVANTAGGI E I SUOI VANTAGGI.

Reti di Smeraldo ha il target giusto per tentare la sfida con l'estero. E' un libro che in Italia ha già avuto la sua piccola notorietà e, soprattutto, si è guadagnato tre importanti riconoscimenti diffusi sul territorio nazionale, dunque è andato oltre i confini della Maremma. Il romanzo inoltre parla di  Irlanda e questo può attirare curiosità al di fuori dei confini nazionali.
 "Perché un grossetano scrive un libro ambientato a Galway?". Una domanda che mi è stata posta tante volte qui, figuriamoci, sapendolo, quanti se lo domanderanno nei luoghi coinvolti. In più ha avuto un buon test negli italiani che conoscono quella zona e che hanno rivissuto una parte del tempo speso sull'Isola di Smeraldo. Se a questo aggiungiamo che una parte del libro è ambientata in Maremma può essere anche una buona vetrina per il nostro territorio.
Reti di Smeraldo, ad oggi, è stato pubblicato solamente in italiano e chi mi ha chiesto informazioni dall'estero, la prima cosa che mi ha domandato è stato "perché non lo pubblichi anche in inglese?".
Insomma il prodotto da finanziare è già esistente, è conosciuto, andava solo tradotto in un progetto.
Questo ovviamente porta con sé degli svantaggi. 
Intanto quelli che io sono italiano e la maggior parte dei miei amici, anche sui social, vive nella Penisola. Così come le mie conoscenze sono decisamente maggioritarie in Italia rispetto a quelle che posso vantare all'estero. Questo è facilmente riconducibile alla seconda difficoltà, cioè che Reti di Smeraldo in italiano esiste già, dunque il numero di interessati ad una sua pubblicazione in inglese e, dunque, pronti a sostenerla diminuisce. C'è poi la terza difficoltà, cioè che le donazioni di questo tipo in Italia, non sono deducibili fiscalmente come avviene all'estero, e per ciò non c'è neppure questo interesse nel finanziare un prodotto editoriale e chi lo fa è perché ha veramente fiducia nello stesso.
E' evidente che le difficoltà che si possono porre di fronte al percorso di raccolta dei fondi sono decisamente superiori alle virtù e questo rende la sfida ancor più difficile, ma anche divertente.

CHE COSA STO IMPARANDO?

Dopo 24 ore che il progetto è on line ed aver giusto spostato dallo zero la cifra dei contributi ci sono già molte riflessioni che emergono e che si sposano con la scelta della tempistica di finanziamento, cioè 60 giorni rispetto ai 30 consigliati. Ho scelto un periodo più lungo perché il primo mese serve per comunicare. Su questo ho la fortuna di poter lavorare per conto mio, ma parto comunque da zero. Blog specializzati, pagine social, siti internet diventano fondamentali. Insomma il tempo da dedicare al progetto per spingerlo a raggiungere l'obiettivo è veramente tanto.
Si potrebbe ovviare a tutto ciò? Sicuramente sì e lo sto scoprendo da due giorni con i cosiddetti "influencer" o PR che ti contattano in continuazione e che ti offrono i loro servizi per raggiungere sempre più utenti in tutto il mondo e rendere il tuo progetto appetibile e, dunque, concorrenziale sul mercato. Si sono già fatti avanti anche traduttori interessati. Effettivamente i miei 5mila amici di Facebook sono poca cosa rispetto ai milioni che loro posso contattare. Ovviamente tutto questo ha un costo e, seppur molti di loro ti promettano di pagare (da pochi euro ad alcune centinaia) solo in caso di raggiungimento del traguardo, il rischio è comunque alto. Soprattutto per un progetto da poche migliaia di euro, che non ha lo scopo di garantire guadagni con tanti zeri, ma di raggiungere l'obiettivo di tradurre, pubblicare e promuovere. 
Ovviamente nelle prime 24 ore ho navigato per il web e sui social, soprattutto stranieri, promuovendo il mio crowdfunding. Ho poi realizzato comunicati stampa (e ne ha beneficiato sicuramente l'esercizio del mio inglese, così come nel realizzare il progetto scritto tutto in questa lingua) per i quotidiani irlandesi e americani (dove i residenti originari dell'Isola sono molti) ed ho cercato di comunicare con chi mi ha chiesto informazioni. Tutto ciò con la sensazione che ci sarà molto da fare.

IL BELLO DEL CROWDFUNDING E LE ALTERNATIVE

La cosa più bella del crowdfunding, e che mi ha spinto a scegliere questa strada, è la sensazione di condivisione che si ha con i donatori. Se raggiungeremo l'obiettivo sarà perché ci siamo riusciti tutti insieme e, dunque, sarà una vittoria di squadra, per me e per l'editore Cesare Moroni che mi supporta. Se non raggiungeremo l'obiettivo con una cifra che, però, ci farà capire che si può raggiungere rimodulando il progetto lo faremo, magari abbassando la cifra da raccogliere rinunciando, almeno in partenza, alla promozione diretta all'estero e limitandola ai canali social ed al web (per fortuna oggi la rete permette di acquistare on line anche senza la presenza fisica del libro nei bookstore irlandesi, inglesi o nord americani). Nel caso, invece, che rimanessimo lontani dall'obiettivo potremmo perseguire altre strade, tipo cercare una casa editrice irlandese che investa sul libro (per una italiana diventerebbe più difficile agire in un paese straniero partendo da zero e senza risorse disponibili), oppure ripartire con risorse ottenute sulla fiducia con donatori interessati.

CURIOSITA' 

La cosa più curiosa è che nel frattempo, alcuni italiani amanti dell'Irlanda e che non conoscevano la versione italiana di Reti di Smeraldo, mi hanno chiesto informazioni per acquistarlo ed ho conosciuto anche lettori che lo avevano già letto ed apprezzato.


CONCLUSIONI

Insomma alla fine se raggiungeremo l'obiettivo sarà un grande successo, lo potrei mettere sullo stesso piano di un gol in rovesciata, se non ci riusciremo - e non sarebbe comunque un dramma- avrò imparato molto in previsione, magari, di altri progetti da proporre e, comunque, Reti di Smeraldo si sarà fatto una buona pubblicità anche fuori dai confini nazionali.

Per chi volesse far parte della squadra aiutandomi, contribuendo o facendo contribuire (partendo anche da un solo euro) questo è il link del progetto (è in inglese, ma potete usare il traduttore automatico): http://kck.st/2yDGdyB



lunedì 29 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (29 ottobre 2018)

Le grandi opere tornano prepotentemente alla ribalta, in particolar modo la Tap e la Tav. Le discussioni aumentano, specie in casa del M5S.

Era evidente che su opere strategiche, una volta al Governo anche i pentastellati in molti casi avrebbero cambiato idea (il diritto).
Lo era altrettanto il fatto che all'interno del mondo dei movimenti, questa nuova posizione avrebbe creato incomprensioni e malumori (il rovescio).

La mia premessa è che qualsiasi cittadino debba stare attento all'ambiente, ma il presupposto è che esistono degli interessi generali che, giocoforza, superano quelli particolari. Nel caso della Tap siamo tutti d'accordo che l'opera sarà comunque impattante, anche riducendolo al minimo. Però l'Italia dipende la gas e questo viene dall'estero. E' normale bloccare energeticamente un paese dicendo di no ad un'opera strategica? Personalmente ritengo, anche se posso capire chi protesta avendo visitato in più occasioni la splendida costa salentina, di no.
E' la stessa cosa che penso della Tav, un'opera strategica per non isolare l'Italia dai grandi traffici su rotaia europei. Anche qui bisogna mettersi d'accordo. Si vuole implementare il traffico su rotaia riducendo quello su gomma? Se si vuole questo servono ferrovie efficienti e, soprattutto la Tav. Sappiamo tutti che questa è impattante, ma è altrettanto vero che oggi è determinante per dare una spinta verso l'alto all'utilizzo del treno, sia per viaggi nazionali che internazionali.
In tutto questo rientrano anche le autostrade che hanno una portata ed un interesse di traffico generale e che non può cozzare con molti interessi locali.
E' evidente che tutto deve essere fatto nel miglior rispetto dell'ambiente e se c'è la possibilità di realizzare un'opera meno impattante va cercata sempre questa soluzione. Però è nella natura dell'uomo lasciare il segno della sua presenza attraverso la sua presenza. Ognuno dei nostri amati borghi medievali costruiti in cima alle colline sono stati, a suo tempo, impattanti. Ce lo vedreste voi oggi qualcuno a costruire un paese in cima ad una sommità? Se ciò accadesse si muoverebbero decine di comitati. Eppure ai giorni nostri apprezziamo e amiamo queste realtà. Anche in quel caso l'interesse generale ha chiaramente prevalso su quello particolare. 
Bene tutto deve essere fatto con una buona dose di buonsenso, ricordando che un'opera, se si definisce strategica, lo deve essere e se lo è, allora è giusto che venga realizzata. Si può protestare, è giusto ascoltare chi lo fa, ma poi si deve decidere e, possibilmente, realizzare dopo - se necessario- averla migliorata. 

giovedì 25 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO (25 ottobre 2018)

La Cgil si appresta ad una nuova era e, probabilmente, ad un cambio di leadership che, rispetto al passato, sarà sicuramente più evidente. In questi giorni il sindacato sta effettuando i propri congressi che porteranno all'investitura di Maurizio Landini. Provo ad analizzare, da osservatore esterno, che cosa questo possa comportare, anche per un mondo politico in evidente crisi come quello della sinistra. Mi permetto di farlo con il rispetto che si deve per chi, quotidianamente, è impegnato nella difesa di un tema molto delicato come quello del lavoro.
La scelta di Maurizio Landini è sicuramente di impatto mediatico. In questi anni la sua popolarità è stata indubbiamente superiore rispetto a quella del segretario generale Susanna Camusso (il dritto).
Landini incarna, a mio giudizio, il ritorno al sindacalista vecchio stampo, di lotta e vicino ai lavoratori che, probabilmente, si sposa in pieno con quello che molti italiani ricercano, anche nel mondo della politica. Non è un caso che viene visto bene anche dai tanti iscritti Cgil che oggi votano per il Movimento Cinque Stelle (il rovescio).

La scelta di Landini, dunque, è la scelta di una figura meno istituzionale rispetto agli originari competitor, cioè il riformista Vincenzo Colla o la giovane Serena Sorrentino. Landini è quella figura del sindacalista "da battaglia" che potresti vedere bene alla testa del "Quarto Stato" di Pellizza da Volpedo. Una scelta che, di questi tempi, può rivelarsi azzeccata, quanto meno sul profilo dell'immagine, anche in quella di una sinistra che potrebbe ritrovare proprio nella Cgil un punto di riferimento portante di fronte alla crisi dei partiti. Maurizio Landini infatti ha iniziato a lavorare a 15 anni, non ha titoli di studio da vendere, ma viene da quella scuola del mondo del lavoro e del sindacato che, spesso, nel passato hanno regalato alla sinistra i migliori dirigenti. Ha sicuramente carisma e, alla guida della Fiom, è l'unico che è riuscito ad intaccare quell'aurea di uomo infallibile che avvolgeva Sergio Marchionne nei suoi momenti migliori. Se il manager ha subito qualche battuta d'arresto è accaduto proprio negli atteggiamenti tenuti nei confronti della Fiom a guida Landini. Molti vedevano in lui l'uomo del riscatto della sinistra, ma quelle sirene non le ha cavalcate - e questo rappresenta sicuramente un merito- rimanendo al sindacato. La storia ha infatti dimostrato come difficilmente un ottimo sindacalista (che compie battaglie di parte) riesce a trasformarsi in un buon politico (che invece deve essere un abile mediatore).
 Non so se Ladini sarà l'uomo che farà cambiare passo alla Cgil, ma di sicuro è oggi colui che più si avvicina al profilo ricercato dal lavoratore, cioè una figura alle cui mani si affiderebbe. Non è un caso che riscuote largo consenso a sinistra, nell'ala meno "confindustriale" del Pd, nel Movimento Cinque Stelle. Questo gli permette di tenere unite nel sindacato realtà che, al di fuori, magari hanno difficoltà a sedersi allo stesso tavolo.
Da qui la domanda: ma non è che la scelta di Landini può voler dire la nascita di una sorta di "Partito Cgil". Personalmente penso di no, perché mai come adesso in Italia è necessario avere un sindacato che faccia il sindacato, che si confronti e che, ai tavoli, sappia anche scontrarsi. Che non abbia paura a dire di no dove deve dirlo e che non accetti sempre compromessi al ribasso. Questo per non perdere la propria credibilità. 
E' evidente che con Landini non sarà una Cgil che piacerà al mondo delle imprese (ma deve proprio piacere loro?), non piacerà sicuramente ad una parte del mondo della politica (compresa l'ala renziana del Pd), ma che piacerà molto di più a chi invece preferisce una linea più accesa e dura (potremmo dire anche populista), mi spingo a dire anche a molta parte dell'elettorato di base leghista (che al nord, guarda caso, spesso ha la tessera della Fiom in tasca).  
E' ovvio che fare il segretario generale non sarà come farlo di una categoria, che, al di là del fatto che faccia più notizia una trattativa non chiusa, di cento che sono andate a buon fine (e Landini di partite ne ha chiuse molte, anche con successo per i lavoratori), ma la sensazione è che la Cgil sia tornata indietro come tipologia di figura prescelta, per guardare però al futuro.
Personalmente - la mia non è una visione di parte o di chi sta dentro al mondo che andrà a guidare- non posso dire se Landini sarà un grande segretario oppure no, questo compito non spetta a me. Da uomo di comunicazione posso dire che incarna la figura giusta per chi si rivolge al sindacato, visto anche il forte sostegno su cui conta nella base. La sensazione è che, almeno per il momento, la sinistra non abbia comunque trovato un leader, ma che la Cgil possa contare su uno carismatico.
Questo indipendentemente dalla condivisione o meno delle battaglie che il sindacato porterà avanti.  

martedì 23 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (23 ottobre 2018)

Era da un po' che non se ne parlava, ma il dibattito sulle infrastrutture maremmane non poteva che tornare sul Corridoio Tirrenico. La classica storia infinita di questo territorio.
Il Corridoio, di fatto, è diventato 50enne, nel senso che è da mezzo secolo che se ne parla. Mentre da altre parti le reti viarie principali rappresentavano un simbolo di progresso - e di sviluppo- da noi la viabilità a sud di Grosseto risulta essere sempre meno adeguata e sicura (il dritto).
Con la fine della scorsa legislatura sembrava essere stato raggiunto un accordo che trovava il consenso di quasi tutti, con tanto di finanziamenti stanziati ed invece pare che tutto sia ancora in alto mare (il rovescio).

Insomma la sensazione è che se non ci sarà un intervento forte all'interno del Governo per avere un Corridoio Tirrenico adeguato, si dovrà attendere ancora. Questo nonostante che la soluzione raggiunta, quella di una strada pubblica a quattro corsie messa in sicurezza con una spesa relativamente bassa (non sono di certo quelle previste  mettere a rischio il bilancio dello stato) ma che rappresentava un buon compromesso. Tanto che alla fine "purché si facesse qualcosa" tutti lo avevano accettato. 
A questo punto serve una vera spinta da parte del territorio, delle istituzioni locali e dei rappresentanti in Parlamento ed in Regione. Non è possibile restare ancora fermi. Un tracciato, d'altra parte, non metterà mai d'accordo tutti, ma gli interessi legittimi della collettività è giusto che prevalgano su quelli dei singoli. E mai come questa volta gli interessi sono veramente collettivi e questa volta pur storcendo il naso, molti avevano accettato questo fatto. Questo perché mentre dell'adeguamento si discute, gli incidenti continuano ad esserci e le vittime pure. 
E' anche evidente che un Corridoio Tirrenico adeguato ed un completamento della Grosseto-Siena a quattro corsie non solo semplificheranno la vita dei maremmani in viaggio verso il centro della Toscana o verso sud, ma rappresenterà anche uno snodo importante che potrebbe convincere alcune aziende ad investire su questo territorio ed altre a rimanervi, così come molti prodotti locali, specie quelli dell'agroalimentare potranno averne dei benefici diretti.
Tutto ciò ricordando sempre che questo tipo di infrastrutture (molto di più quando si parla di un'autostrada come avveniva anche qui nel passato) non possono essere valutate solo sull'impatto che possono avere a livello locale, ma il ruolo, in alcuni casi primario, che possono avere sui traffici nazionali ed internazionali. Appare evidente che un'Aurelia adeguata e sistemata per molti possa rappresentare una buona alternativa alle direttrici che, come l'A1, attraversano l'Italia "continentale", con tutte le difficoltà che questo può creare, soprattutto nel periodo invernale. 
E allora ben venga l'adeguamento dell'Aurelia, ma questo vuol dire realmente "BEN VENGA", nel senso di non dover attendere altri 50 anni parlando ancora di ciò che non c'è, se non sulla carta. 

giovedì 18 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (18 ottobre 2018)

Area di crisi. Tre parole che anche oggi risuonano quando si parla di Maremma. Da qualche tempo, dopo che lo aveva chiesto la Camera di Commercio si torna ad associare questo concetto alla Provincia di Grosseto.

La vicina Piombino, in effetti, negli ultimi anni ha potuto contare su investimenti importanti attraverso lo status di area di crisi complessa (il dritto).
La Maremma pur versando in condizioni simili, seppur non dovuta alle difficoltà tipiche di una città industriale, non vi è  stata inserita (il rovescio).

Chiaro che associare una città che da decenni è una delle capitali nazionali dell'acciaio con un territorio vicino che vede le uniche industrie situate a pochi chilometri in linea d'aria, ma che, per il resto, non ha mai avuto un manifatturiero importante, non è semplice. La crisi di Piombino era percepibile per chi aveva conosciuto la città con le ciminiere accese e chi lo ha fatto di recente, quando l'aria sembra essere decisamente cambiata. Se, forse, questa è stata modificata in meglio, le difficoltà della città sono evidenti. Passando il confine di provincia, però, troviamo una Maremma che, quanto a crisi, non se la sta passando meglio. Di certo non ha mai conosciuto il benessere che Piombino aveva ai tempi del pieno regime delle acciaierie che, tra diretto ed indotto, davano lavoro ad un migliaio di maremmani, molti dei quali provenienti dal capoluogo.
La provincia di Grosseto ha dovuto fare i conti per decenni -ed anche adesso- con il gap infrastrutturale e con un manifatturiero che, da settore portante, per la gran parte dell'Italia, non lo è stato di certo per la Maremma, territorio che, entrata in crisi l'edilizia, ha visto l'economia sprofondare in un buio pesto. A poco servono le voci di agricoltura e turismo, realtà che hanno ancora margini di crescita, ma che non sono servite ad occupare, in termini di pil, lo spazio che, un tempo, era del settore edile.
 C'è poi un settore pubblico che è in crisi, o meglio, dalle cui difficoltà soffrono anche altre realtà, come il commercio. Come denunciato anche dalla Cgil, infatti, negli ultimi anni sono state centinaia le famiglie militari che hanno lasciato la nostra provincia, ma anche quelle che sono andate via per la chiusura degli uffici che sono stati accorpati in area vasta. Aree che nella maggior parte dei casi hanno penalizzato Grosseto che ha dovuto cedere il passo vedendo trasferire le loro sedi in altre città.
 Tempo fa feci di nuovo questa riflessione, che, piano piano, viene ripresa, cioè che non si può pensare ad una Maremma fuori dalla crisi se non si passa per gli investimenti tipici delle aree di crisi. Questo territorio ha infatti bisogno di superare il gap infrastrutturale e di misure che invoglino le aziende ad investire qui. Ad oggi è troppo più facile farlo nel pisano-livornese, aretino, fiorentino, Val d'Elsa o Toscana settentrionale. 
 Da qui, ancora una volta, quella necessità per questo territorio di fare squadra, quel senso di appartenenza e di gruppo che è riuscito spesso a far ottenere a quelli vicini risultati a scapito della Maremma. Solo guardando al futuro con un concetto chiaro di bene comune e non di interesse dei singoli (che siano cittadini, formazioni politiche o rappresentanti delle varie categorie poco conta) si possono raggiungere questi traguardi che, se ciò dovesse avvenire, rappresenterebbero una vittoria per tutti e non solo di pochi.

martedì 16 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (16 ottobre 2018)

Nei giorni scorsi pubblicando su più piattaforme un video sulla Maremma ho avuto la piacevole sorpresa di vedere come, in poche ore, abbia raggiunto oltre 1500 visualizzazioni. Una sorpresa dovuta al fatto che si trattava di un piccolo montaggio sperimentale, realizzato con i programmi predefiniti del telefono ed utilizzando delle foro che, via via, avevo scattato sempre con lo smartphone.

Le visualizzazioni sono arrivate un po' da tutto il mondo e questo deve far riflettere su quanto, questa terra, che fino a pochi anni fa veniva vista come una sorta di buen retiro per pochi, o luogo di mare per le città vicine, veda invece accendere su di sé i riflettori di viaggiatori, tour operator e professionisti del settore (il dritto).
La sensazione, però, è che ancora questa terra a livello turistico sia percepita come un'incompiuta con un brand che si sta affacciando ora sul mercato e che, spesso, soffre dei limiti di un turismo che è ancora troppo stagionale (il rovescio).

E' chiaro che la Maremma ha un fascino tutto suo e solo chi la conosce veramente bene riesce a coglierlo in pieno. E' anche vero che, fino ad oggi, difficilmente, i territori sono riusciti a fare squadra, forse anche per la vastità di quello della provincia di Grosseto e per le disomogeneità che possono esistere tra questi, ma anche perché il brand che li racchiude è ancora troppo giovane, nel senso che fino a poco tempo fa - e in parte ancora oggi- con Maremma si intendeva solo la pianura.
Quello che però questa terra, girandola, ha da offrire sul mercato è molto. Sarebbe scontato dire il mare. Lo sarebbe pure dire la montagna, che nell'Italia peninsulare con l'Amiata, gioca un ruolo importante, o anche le terme, seppur questo settore non sia sfruttato in pieno. C'è però anche un altro valore aggiunto, quello delle colline e dei borghi medievali. Luoghi di storia, cultura e tradizioni spesso dimenticate. Luoghi in cui molti maremmani, che si sono trasferiti in città, tornano per le vacanze e cui sono ancora molto legati.
Qui sorge, però, il secondo problema, quello di un turismo ancora troppo legato all'estate. Redditizio sicuramente per la costa, dove i dati delle presenze confermano come i comuni che si affacciano sul mare, in poche settimane, collezionano un numero di presenze simili a quelli delle città d'arte esclusa Firenze. Numeri che, però, potrebbero essere integrati nella maniera migliore nell'entroterra se si riuscissero a valorizzare realtà dal grande fascino da proporre sul mercato internazionale, come forme di turismo specifiche. In America, ad esempio, si sprecano i matrimoni in stile medievale, che si svolgono in luoghi ricostruiti, ed assolutamente finti, con costi talmente elevati da potersene permettere uno da celebrare direttamente in Italia. In Cina è stato riprodotto un intero borgo italiano con un'atmosfera che riporta al Belpaese ed in cui la vita scorre secondo i nostri ritmi. Una bella idea, ma assolutamente lontana dall'originale.
Qui serve la mente creativa che ha da sempre caratterizzato gli italiani. serve agli imprenditori, ai cittadini che devono essere pronti ad accogliere i visitatori ed agli amministratori che possono far fare il salto di qualità ai loro territori.
C'è anche un altro salto che molti maremmani devono compiere. Se infatti molti conoscono Grosseto o i principali borghi e località, molti di questi restano per loro sconosciuti. Quanti conoscono ad esempio la bellezza di Magliano o di Pereta? Quanti quella di Roccatederighi? Quanti hanno visitato Montepescali o Sticciano Alto? Quanti si sono recati a Vetulonia? E a Roccalbegna, a Petricci o Rocchette di Fazio o, spostandosi, a Sasso d'Ombone,  Montorgiali, Campagnatico, Montorsaio o Monticello Amiata? Chi si è addentrato fino a Castell'Azzara? Chi ha visitato la città rupestre di Vitozza? E a San Martino sul Fiora, quanti ci sono andati? E a Montieri o Monterotondo? Questo per far capire come, a volte, mi capiti di parlare con persone che queste realtà le hanno notate solo sulla cartina geografica o come cartelli stradali. Difficile, dunque, promuoversi se non si conosce bene il proprio territorio. Se questo potrebbe essere accettato per un cittadino normale, occorrerebbe che tutte le strutture turistiche sapessero dare indicazioni sui vari luoghi o aree della provincia. Perché per un americano, o per chi viene dall'estero, non sono certo una o due ore di auto sulle strade della Maremma a rappresentare il problema. Più problematico, semmai, è non avere informazioni sui vari luoghi in più lingue, far trovare chiusi i musei, le chiese ed i principali monumenti. Il turismo per funzionare deve vivere tutto l'anno e per riuscirci ci vuole un grande amore per la propria terra e la voglia di farla scoprire e conoscere con quell'orgoglio che rappresenta un'identità forte. Quella che, forse, qui da noi si sta iniziando a conoscere adesso grazie alle produzioni di qualità - lanciate in molti casi sul mercato da chi è venuto da fuori, più che da chi ci vive- e dai grandi network che, annoiati dai luoghi tradizionali, hanno scoperto una Toscana diversa, una sorta di regione nella regione. Una terra che chi non è "autoctono" sa valorizzare meglio di chi, risiedendovi dovrebbe dimostrare, oltre che di amarla, di saperla far conoscere. Per farlo occorre anche scambiare opinioni e punti di vista con chi, altrove, del turismo ha fatto l'economia portante, senza chiuderci nell'idea che il "bello e il buono" sia solamente qui. Anche perché spesso tutti noi, appena abbiamo un po' di vacanza ci trasferiamo altrove scoprendo che il "bello e il buono", anche se diverso, lo hanno pure gli altri. 
Per aiutare tutti noi a renderci conto di quanto sia bella la nostra terra, nel ringraziarvi per le tante visualizzazioni in continua crescita, via via regalerò qualche altro video amatoriale, ma fatto sempre con la passione e l'amore che nutro verso la mia (nostra) terra.

domenica 14 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (14 ottobre 2018)

Sullo scontro tra la Commissione Europea ed il Governo Italiano si inserisce la voce autorevole del presidente della Bce Mario Draghi. 

Come spesso accade la parole di Draghi sono equilibrate, ma anche pesanti, riuscendo a venire incontro alle esigenze dell'Italia, ma tranquillizzando l'Unione (il dritto).
Draghi fa capire anche che la rigidità imposta porta poco lontano e, soprattutto, può solo causare danni, seppur ci siano delle regole da rispettare che, però, evidentemente hanno dimostrato di non funzionare sempre (il rovescio).

Quello che ho sempre apprezzato di Draghi è il suo pensiero "fermamente malleabile". Potrebbe sembrare una contraddizione, ma non lo è. Ha la giusta diplomazia per mettere d'accordo le parti, come ha dimostrato più volte, anche nell'imporsi contro il rigorismo tedesco. Ha saputo però essere fermo laddove serviva rigidità.
 Lo fa anche questa volta, quando richiama chiaramente il Governo Italiano a seguire le regole concordate, ma anche nel lanciare un monito all'Unione Europea, ricordando come le stesse siano state, nei momenti di necessità, violate da più parti.
Perché allora tanto accanimento sull'Italia? E' evidente, il Governo della Penisola è di rottura. Poco conta se si è d'accordo o meno con le sue politiche (non credo che Draghi lo sia), ma è un Governo che esprime il volere della maggioranza degli italiani e che ha una linea sostenuta da economisti di livello. Non è che un economista può essere bravo se lo si condivide e non lo possa essere se non lo si condivide. Specie quando si parla di cifre astratte che, poi, non combaciano con la vita reale.
 Dico questo perché anche io ho qualche dubbio sulla manovra, ne apprezzo alcune misure e non ne condivido altre. Non credo. però che tutto sia sbagliato per principio, così come tutto non può essere giusto per la stessa ragione.
Draghi che, forse, è più vicino alla gente di tanti politici sa però i danni che il rigorismo ha causato e si è imposto, ad esempio con il "quantitative easing", con cui ha cercato di dare risposte alle economie in difficoltà. Sa che certe misure imposte hanno creato danni concreti alle vari paesi, tra cui l'Italia. Mi accorgo solo io che i Paese ha difficoltà ad uscire dalla crisi e che la gente sta peggio di dieci anni fa, anche a causa di queste misure, oppure è una mia invenzione? Noto solo io che i partiti che hanno sostenuto il rigore sono stati pesantemente puniti dai cittadini in difficoltà, o è tutto frutto della mia immaginazione? Bene Draghi, evidentemente, questo lo ha notato ed ha notato anche le difficoltà delle imprese.
Il punto è uno. Perché sforare il debito è possibile per la Francia (che gode di una sorta di impunità, quando non è che versi nelle migliori condizioni), così altre economie, tipo la Grecia che, appena uscita da una sorta di commissariamento già chiede di derogare. A tutti viene concesso, ma non all'Italia che, ricordiamolo, è una delle più importanti economie mondiali, il secondo paese manifatturiero d'Europa e che, se ha un debito pubblico elevato - ma dicono gli economisti molto del quale in mano comunque italiana- ha anche il minor debito privato d'Europa. 
E allora basta analizzare con serenità quanto sta accadendo, anche senza tifare per l'attuale Governo (personalmente negli ultimi anni non sono riuscito a tifare per nessun esecutivo ed anche l'attuale lo attendo alla prova dei risultati concreti e non dei numeri), ma è evidente che il problema sia tutto politico di un gruppo dirigente dell'Unione Europea che, dopo aver rischiato di farla affondare - e non è detto che non ci riesca- continua a difendere una posizione che è più legata al ruolo ed alle poltrone che non alla saggezza.
Adesso ha ragione Draghi: è tempo dei silenzi, di smettere di urlare, di abbandonare la rigidità a tutti i costi e di smettere ad indebolire l'Euro con dichiarazioni non fattibili, perché tutti sanno che quello della moneta unica è l'unico processo europeo da cui non si può più tornare indietro. Se non creando dei veri danni. 

sabato 13 ottobre 2018

Maremma


La Maremma, una terra affascinante e misteriosa fatta di borghi, mare e colline.

giovedì 11 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (11 ottobre 2018)

In questi giorni ha tenuto banco il tema del giornalismo e del suo rapporto con il potere. L'attacco del Ministro dello Sviluppo Economico Di Maio contro il Gruppo Gedi è solo l'ultimo dei casi che hanno condotto ad uno scontro che non è così nuovo, seppur con alcuni distinguo.

Di Maio ha sicuramente sbagliato nei toni e nei modi, così come prima di lui lo ha fatto il sottosegretario Vito Crimi minacciando di abolire l'Ordine dei Giornalisti (il dritto).
Il Gruppo Gedi, così come gli altri principali dell'editoria italiana, difficilmente soffriranno (o chiuderanno) per eventuali tagli di contributi, semmai lo faranno quelli più piccoli, così come il giornalismo non finirà con un'eventuale chiusura dell'Ordine che, ricordiamo, è nato nel 1963, mentre questa professione esiste da molto più tempo (il rovescio). 

Lo scontro va riportato a quello che è un rapporto, spesso difficile, tra giornalismo e potere. E' evidente che chi è abituato a detenerlo sa anche farsi scivolare addosso le critiche, chi si ritrova catapultato in uno scenario come il ruolo di vicepremier e di leader politico, deve saperle accettare e gestire. E questo, forse, è stato l'errore più grande del Ministro. Se l'errore di Di Maio è stato evidente, a mio giudizio, resta molto più grave quello del sottosegretario Crimi, che, minacciando l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, va ad attaccare un'intera categoria, compresi i molti iscritti che, in questi anni, hanno lavorato per i vari uffici stampa del Movimento Cinque Stelle. Non credo che tutto nasca dalla procedura aperta dall'ordine contro il portavoce del premier Casalino. Magari va oltre e richiama un rapporto che il Movimento ha spesso detto di non ricercare con la stampa tradizionale. Per mesi, infatti, molti parlamentari avevano il cosiddetto "embargo" nel partecipare alle trasmissioni televisive e nel parlare con i cronisti. 
 Qui, dunque, sorge una riflessione. L'attacco di Di Maio, ma anche quello di Crimi, rappresentano una marcia indietro rispetto alle iniziali idee del Movimento? Secondo me sì ed in questo voglio ravvisare una notizia positiva per la stampa in generale. Fino a qualche tempo fa infatti i Pentastellati puntavano tutto sul web, di fatto, non vedendo un futuro per giornali e tv. Oggi sono loro a decretarne un ruolo di primo piano. Se infatti le critiche del Gruppo Gedi non creassero problemi, non ci sarebbe motivo di attaccarlo. Così come se l'Ordine dei Giornalisti non avesse un ruolo, avrebbe poco senso la minaccia di chiuderlo.
Dispiace solo una cosa, cioè che dall'alto al basso le cose possono cambiare ed anche di molto.
Personalmente sul lavoro ho avuto la possibilità di interagire con i vari livelli di militanti del Movimento Cinque Stelle che sono impegnati nelle sedi istituzionali e, seppur facciano riferimento ai loro blog, con la stampa hanno spesso avuto un rapporto cordiale e diretto, accettandone le critiche e prendendosi anche gli elogi. Lo scontro non è stato mai né cercato, né voluto ed i rapporti sono stati sempre sereni. Per questo sorprendono che a livello nazionale, al netto del giudizio che può essere dato del lavoro dei vari colleghi, questi attacchi diretti cui, per la verità, non sembra andare dietro l'alleato di Governo, cioè la Lega cui, obiettivamente, in questi anni non sono certo mancate le critiche.
Insomma un rapporto non sempre facile, quello tra stampa e potere che, forse, è anche condizionato dalla mancanza della cosiddetta gavetta ed uno scenario politico che vede proiettate ai massimi livelli persone che, spesso, non hanno l'esperienza che avevano i predecessori. Da qui i toni che, in molti casi, si alzano ben più di prima.

lunedì 8 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (08 ottobre 2018)

I giovani e la politica. Quanta voglia hanno di partecipare al futuro del Paese? Una domanda che mi sono posto tante volte seguendo per lavoro i vari eventi organizzati dai partiti, soprattutto laddove i volti erano quelli di persone decisamente esperte.

Oggi analizzando le età dei parlamentari, dei consiglieri comunali e regionali si nota un'inversione di tendenza (il dritto).
Il rischio forte è però quello di bruciare le tappe ritrovandosi a ricoprire incarichi senza la dovuta esperienza (il rovescio).

Due considerazioni, queste, che potrebbero sembrare in contraddizione tra loro. Forse lo sono anche, ma fino ad un certo punto. Nel passato, infatti, i giovani erano, forse, anche più numerosi di oggi, soprattutto negli incarichi all'interno dei comuni. Era facile trovare sindaci poco più che ventenni o giunte interamente formate da trentenni. Salendo negli incarichi, in consiglio regionale ed in Parlamento, però, dominava spesso l'esperienza. Questo perché i vecchi partiti programmavano una carriera che partita dall'attività di base e dalla formazione, passando per gli incarichi locali per giungeva a quelli nazionali ed internazionali. Il tutto dietro una rigida selezione.
 Dopo anni in cui i giovani sono sembrati lontani dalla politica, oggi si vede un'inversione di tendenza. I nuovi movimenti politici e la nuova tendenza, però, è stata quella di far bruciare le tappe. Persone senza alcuna esperienza o militanza politica che si sono trovate proiettate in luoghi chiave senza un'adeguata preparazione. Ne emerge un Parlamento in cui gli over 60 sono in strettissima minoranza con deputati e senatori che sono approdati a Montecitorio o a Palazzo Madama senza essere passati per il giusto percorso istituzionale o all'interno dei partiti. Perché diverso è comunque l'aver militato senza aver raggiunto l'obiettivo dell'elezione e diverso è non aver mai militato, aver superato una selezione, per giungere ad occupare una poltrona chiave.  
 Con gli schemi delle carriere che sono saltati, dunque, c'è anche la militanza che è cambiata e lì i giovani sembrano mantenere ancora una certa distanza e diffidenza verso la politica. Per la verità qualcosa sta cambiando anche lì e, forse, la crisi e le difficoltà di oggi stanno facendo comprendere quanto sia necessario ed importante partecipare alla vita pubblica. Perché è facile lamentarsi di quello che gli altri decidono, mentre non è facile partecipare alla formazione delle decisioni. Questo perché occorre impegnarsi, formarsi, ma soprattutto metterci la faccia. Però è sempre bene ricordare che quando parliamo di cosa pubblica non si può sempre pensare che siano gli altri, ma è bene ricordare sempre che siamo noi, tutti insieme.
 In vista di una prossima, importante, tornata di elezioni amministrative, anche nel nostro territorio, mi piacerebbe dunque vedere tanti giovani attivi al servizio della politica, sperando che le loro energie possano dare un nuovo impulso al Paese. 

sabato 6 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (06 ottobre 2018)

La rubrica di oggi ci porta a ragionare di luoghi per noi remoti che finiscono spesso all'interno della letteratura, come le «favelas». Luoghi che vengono spesso raccontati e visitati, ma che restano anche avvolti da un mistero che incuriosisce con storie che a volte fanno riflettere su molti accadimenti della vita.
Le «favelas» un tempo luoghi malfamati da cui il turista si teneva alla larga oggi, in alcuni casi, specie a Rio de Janeiro sono diventate mete di visite guidate (il dritto).
Nonostante questo restano simbolo di miseria che si allarga a tutto il continente sudamericano (il rovescio).

Personalmente non ho mai visitato il Sud America, anche se da sempre ne sono attratto, sia sotto l'aspetto turistico, sia sotto quello della cultura e della letteratura. Da lì giungono molte storie che mi hanno fatto appassionare ad un mondo tanto vicino, quanto lontano da quello europeo.
 Le «favelas» mi hanno sempre incuriosito, non tanto come luoghi, spesso fatiscenti che richiamano le famose «baracche» delle periferie delle grandi città italiane del secondo Dopoguerra, quanto perché da qui sono partite grandi storie, soprattutto nel mondo dello sport. Così posso spiegare la mia curiosità e cerco di illustrarne il perché.
 Sono stati spesso i calciatori brasiliani a raccontare le loro storie di miseria che, di colpo, grazie alla capacità di calciare un pallone hanno visto cambiarne il corso della vita. Quello che però mi ha sempre sorpreso è il legame che gli stessi hanno, nella maggior parte dei casi, dimostrato di avere con il luogo natio. Non sono così mancate iniziative soprattutto per quei bambini di strada in cui loro si riconoscevano. Quelli che, con un pallone fatto, magari di stracci, avrebbe potuto essere il campione del futuro.
 Nei giorni scorsi, però, leggevo un libro in cui l'autore raccontava la vita in uno di questi quartieri che può essere visitato e lasciava comunque trasparire, nelle difficoltà e nella povertà, un certo orgoglio da parte dei suoi abitanti. Un orgoglio che parlava di dignità, di persone che con l'equivalente di pochi euro mandano avanti una famiglia, ma anche in cui ci sono valori ancora forti, come la solidarietà che permettono a queste persone di andare avanti. Valori che i paesi più ricchi stanno sempre più perdendo.
 Inutile dire che questi racconti non facciano certo invidiare chi vive in questi luoghi, ma sembrano riportare ad un mondo che in Italia abbiamo conosciuto e che oggi, dopo essere quasi sparito, purtroppo ritorna.  
 Insomma la mente va dunque ad una Penisola del passato con le baraccopoli nelle periferie delle grandi città, spesso abitate dagli immigrati che, all'epoca, si spostavano dal Meridione al Nord Italia, ma anche delle realtà più piccole. Grosseto aveva le sue baracche nella zona di via Clodia e le ha avute fino agli anni '90. Luoghi in cui la gente si era abituata ed ha continuato a vivere per tanti anni. La stessa Shangai a Marina di Grosseto rappresentava un luogo simile, molto lontano da quello delle villette e delle case di vacanza che possiamo vedere oggi. Un'immagine che è ancora nitida nei ricordi di tanti grossetani che lì avevano la propria - all'epoca- modesta residenza estiva che andava ad affiancarsi a chi, invece, ci viveva tutto l'anno.
 Da qui la riflessione su una società che sta cambiando e che sta sempre più perdendo molti valori che sono alla base di una società. Quello spirito di gruppo che per molto tempo ha mandato avanti il nostro Paese nelle difficoltà e che andrebbe ritrovato nel futuro. Uno spirito che spesso ritroviamo nei racconti e nei reportage dalle «favelas» e che tutti noi vorremmo, anche per i loro abitanti, veder ancora esistere, ma all'interno di una società che sia sempre migliore e che li porti a vivere in condizioni decisamente più dignitose. Quella dignità che, però, nonostante la delinquenza che caratterizza questi quartieri, molta gente non vuol perdere. 

giovedì 4 ottobre 2018

IL DRITTO E IL ROVESCIO 🎾 (04 ottobre 2018)


Numeri della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, scontro con la Commissione Europea, nodo delle Olimpiadi invernali da sciogliere. Sono giorni intensi per l'Italia e, soprattutto, per il suo Governo.

Lo scontro a livello internazionale si intensifica sempre di più, con due parti che non sembrano riuscire a dialogare (il dritto).
Le Olimpiadi invernali fanno discutere soprattutto gli alleati di Governo con la scelta de Coni di preferire i luoghi cari alla Lega, cioè Milano-Cortina, rispetto a quelli indicati dal Movimento Cinque Stelle, cioè Torino (il rovescio).

Lo scontro che si sta creando dopo la nota di adeguamento del Def ormai sta passando i confini del galateo istituzionale, tra frasi infelici che vengono dalla Commissione Europea, in particolar modo dal presidente Junker e dal commissario Moscovici, e le risposte piccate e non meno pesanti degli esponenti italiani che, da parte loro, difendono i provvedimenti messi in campo. Tutto questo con l'assenza di colui, o in questo caso colei, che dovrebbe avere un ruolo di mediatore, cioè il commissario per la politica estera Federica Mogherini che, della commissione, è vicepresidente e che è di nomina italiana. E' chiaro che le sue idee sull'Europa, essendo un esponente del Pd, sono diverse da quella del Governo nazionale, ma la sua totale assenza in questo scontro rappresenta un silenzio fin troppo assordante.
E' evidente che le due parti, Commissione e Governo, giocano su fronti opposti e che hanno due concetti diversi dell'economia e della finanza. Lo è altrettanto che l'attuale sistema europeo è in crisi, troppo lontano dai cittadini e, dunque, diventa facilmente attaccabile da chi, evidentemente, quel modello lo vuole incrinare. Se a farlo è l'Ungheria di Orban o il gruppo di Visegrad, poco importa, hanno un peso limitato, ma se inizia a farlo un paese che conta, come l'Italia, lo scenario cambia. Se poi ci aggiungiamo che il fronte che gestisce l'attuale Europa è in crisi anche a casa propria il cerchio si chiude. Macron in Francia è ai minimi storici nella popolarità, la Merkel in Germania deve lavorare molto per tenere unita la propria coalizione, la Spagna ha un governo decisamente debole, l'Austria ha svoltato decisamente verso le posizioni italiane, in Olanda gli euroscettici fanno paura ai moderati, in Svezia pure. In più c'è sempre l'Inghilterra che ha votato la Brexit e che rappresenta una spinta in più èer chi dice di no all'attuale modello europeo.
Insomma è facile fare la voce grossa con la Grecia o con l'Irlanda, è molto più difficile farlo con l'Italia che, comunque, ha un'economia tale che di fronte ad un attacco speculativo manderebbe in crisi anche molte altre economie del Vecchio Continente.
Da qui la curiosità di vedere che cosa accadrà, anche a livello di equilibri, dopo le prossime elezioni Europee e capire anche quale sarà l'eventuale, nuovo, europeismo. Perché questo è un progetto che va rilanciato e da cui non si può comunque tornare indietro.

Passando alle questioni interne è evidente che lo scontro sulle Olimpiadi Invernali investa direttamente la maggioranza. L'asse trasversale Fontana- Sala-Zaia ha retto ed ha premiato, nella scelta, Milano, cuore pulsante dell'economia italiana, e Cortina luogo simbolo delle vacanze invernali e già sede olimpica. A farne le spese è stata Torino che ha già molti impianti pronti.
Chi volesse fare un po' di dietrologia potrebbe anche dire che il presidete del Coni Malagò abbia fatto fatto pagare ai Pentastellati il no alle quasi certe Olimpiadi di Roma. Non credo, però, che sia così. L'idea di Milano era partita in tempi non sospetti. Torino aveva provato ad inserirsi, Cortina lo ha fatto dopo. Se unire quest'ultima con il capoluogo lombardo diventava semplice, essendo realtà molto diverse tra loro, più difficile è inserirvi una terza città di grandi dimensioni che, per di più solo pochi anni fa ha ospitato la rassegna olimpica e che ha comunque strutture importanti. Una candidatura a tre che avrebbe poi portato a disperdere sui territori le strutture e gli atleti.
A questo punto ci sta che, per davvero, per la prima volta il Governo decida di non dare risorse all'evento, ma non è comuque escluso che la potenza economica di Lombardia e Veneto permetta un sostegno tutto locale. E questo potrebbe rappresentare una svolta con effetti benefici in Italia ed all'estero nell'organizzazione di questo tipo di manifestazioni.