Il tragico crollo del ponte Morandi di Genova riapre l'ennesimo dibattito sullo stato delle infrastrutture italiane.
L'Italia degli anni '60 fu sicuramente un modello di paese in crescita, intraprendente, all'avanguardia con opere di ingegneria che facevano invidia al mondo. In quegli anni -che precedettero l'avvento dei Tar- si costruirono grandi opere in tempi rapidi, meno di un decennio per l'Autostrada del Sole (il dritto). Da quel momento in poi le politiche infrastrutturali hanno subiti un'inversione a U, strette tra ricorsi e ambientalismi a volte giustificati, ma molte altre no, ed un sistema corruttivo che era diventato talmente regola da far crollare il sistema, incapace poi di rinnovarsi nel post tangentopoli (il rovescio).
A questo punto occorre riflettere e, ancora una volta sarebbe giusto farlo senza dividersi in fazioni e con una logica che esalta il pregiudizio anziché la ragione. Sul ponte di Genova chi ha viaggiato in autostrada è passato almeno una volta. Le grandi infrastrutture, viarie e ferroviarie, sono necessarie ma devono essere sicure. Quanti ponti Morandi ci sono in Italia? Quanti rischi corre chi viaggia in autostrada o sulle strade principali (la tragedia di Bologna ne è un esempio)? Le grandi infrastrutture vecchie ormai di oltre 50 anni sono sempre sicure o hanno bisogno di imponenti opere di ristrutturazione? Voglio però giungere anche al locale: i sistemi delle reti viarie provinciali che con la "discussa" (lo metto tra virgolette perché dovrei essere molto più critico) Riforma Del Rio sono alla mercé degli eventi senza che gli enti abbiano i soldi per intervenire garantiscono la sicurezza del viaggiatore? In Maremma, ad esempio, abbiamo avuto le nostre tragedie e vorremmo evitarne altre (e non mi riferisco solo ad un Corridoio Tirrenico mai come ora da adeguare). È dunque giunto il momento di un vero e proprio piano nazionale per garantire l'incolumità di chi viaggia e per far sì che tutto ciò, qualora accada, sia l'eccezione e non diventi la regola. Un piano da redigere con il contributo di tutti e senza facili polemiche in un momento in cui queste devono lasciare spazio alla riflessione e alle soluzioni reali del problema.
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