Sta per ripartire il campionato di serie A che, dopo anni, sembra invertire la tendenza di quello che era stato un lento declino.
L'estate appena trascorsa ha dunque fatto registrare un settore che, in un'Italia che fatica ad uscire dalla crisi, ha battuto un colpo (il dritto). Le cifre spese dalle varie società, in linea con quelle delle big europee, hanno però fatto tornare a discutere sulla moralità delle stesse (il rovescio).
Tutto questo porta alla discussione su un gioco che un tempo era tale, ma che ormai da decenni è diventato business, ma anche sul suo mutamento. Un tempo le grandi spese venivano effettuate dai peperoni nostrani che utilizzavano le società come un mezzo pubblicitario (chi può dare maggior popolarità del calcio?), ma anche per risparmiare sulle tasse. Il risultato erano società piene di debiti che il Paperone di turno ripianava a fine stagione. E se non si trattava di una delle big, la fine inesorabile era che con il suo addio al calcio spesso falliva anche la stessa società.
Oggi le cose sono cambiate. Si parla, appunto, di business e con questo di marketing e merchandising. Cristiano Ronaldo arriva in una Juventus che produce utili, con un investimento degno di un'industria, ed il suo ingaggio dovrà produrre nuovi guadagni. Milan ed Inter sono quasi delle start up che investono, attraverso le loro proprietà straniere, per raggiungere lo stesso risultato nel giro di qualche anno. La Roma degli americani è sulla stessa strada della Juventus ma ha uno stadio di proprietà in meno, almeno per ora, che ne impedisce il salto di qualità finanziario. Il Napoli ha assestato il suo colpo in panchina con Ancelotti in una gestione alla vecchia maniera che molti studiano se possa rendere al cospetto delle quattro pretendenti sopra citate. E poi ci sono le altre, chi "compra, baratta e vende" facendo ottimi affari e buoni risultati (leggi Lotito con la Lazio), chi non riesce a fare il salto per tornare tra le grandi (la Fiorentina e il Torino), chi punta tutto sui giovani garantendosi un futuro (l'Atalanta e l'Empoli), chi resta a galla, ma non si muove di lì (il Bologna e il Sassuolo), chi ha puntato molto sullo stadio (Udinese e Frosinone), chi ancora ha il suo fascino ma non basta (Genoa e Sampdoria), chi ritorna (il Parma) e chi prova a restare (la Spal e il Chievo). Insomma siamo di nuovo a ragionare di campionato dopo un'estate in cui anche il calcio ha fatto parlare di business, trasformando tutti noi in una sorta di manager del pallone. Basterà tutto questo per avere sul campo uno spettacolo maggiore grazie ai campioni che sono arrivati ed a quelli che non sono andati?
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